lunedì 15 maggio 2017

Alla radice della fede


Nel 1977 a Coimbra il futuro Giovanni Paolo I si intrattenne a lungo con la veggente sui rischi per la fede.
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Albino Luciani era partito per Fatima il 9 luglio 1977 e aveva fatto ritorno a Venezia il giorno 12. Era la prima volta che ci andava, unendosi a una comitiva di pellegrini. Dopo aver celebrato messa nel santuario il giorno 10, l’11 luglio si spostarono a Coimbra. A proporre e a organizzare la tappa al monastero di clausura era stata la marchesa Olga Morosini de Cadaval, che, racconta don Senigaglia, aveva legami con il convento.
[L'articolo completo è di Andrea Tornielli, pubblicato su La Stampa]
Era sposata a un portoghese, conosceva da molto tempo suor Lucia e la assisteva nelle traduzioni della corrispondenza. «Durante la guerra – racconta il segretario di Luciani - ebbe persino l’incarico di portare personalmente, e spesso a memoria, messaggi a Pio XII e messaggi di questi a suor Lucia. Pacelli conosceva la marchesa fin dagli anni della sua giovinezza… Nel ’77 era anziana ormai, avrà avuto più di una settantina di anni».
Fu la marchesa a proporre l’idea di un incontro con suor Lucia, ne parlò con don Senigaglia e questi la consigliò di proporlo a Luciani sul momento, il giorno stesso. E così avvenne. Ovviamente suor Lucia era stata avvisata e aveva acconsentito. Ma grazie a questa testimonianza decade l’ipotesi, a lungo considerata, che fosse stata la veggente a convocare il patriarca.
Quell’11 luglio, dopo la messa celebrata nel monastero, la marchesa Cadaval accompagnò Luciani da suor Lucia e restò con loro. Visto poi che Luciani riusciva a capire abbastanza bene il portoghese, si fece in disparte, e finito il colloquio lo riaccompagnò al ristorante dove lo aspettavano i pellegrini. L’incontro durò un tempo considerevole.
Al suo rientro a Venezia, don Senigaglia incontra il patriarca. «Ricordo che entrai nel suo studio e mi disse: “Siediti”. Questo significava che era in vena di raccontare. Mi parlò del viaggio, del clima di autentica preghiera e dei gesti di penitenza commovente che aveva visto a Fatima. Dei pellegrini che avevano fatto un lungo tragitto a piedi nudi sui sassi nella spianada, sotto il sole, e delle pie donne che all’occorrenza medicavano, all’arrivo, i piedi di quei pellegrini. Parlammo allora della differenza con Lourdes e poi ancora di queste diverse forme di pietà, e andando avanti nel discorso, a un certo punto, gli chiesi di Coimbra: “So che è stato lì e ha avuto modo anche di incontrare suor Lucia…”. E lui: “Sì, sì l’ho vista… Ah! ’sta benedeta monèga”, mi disse, “m’ha preso le mani tra le sue e ha cominciato a parlare…”. Rimase quindi un po’ a pensare con le mani giunte, poi riprese: “… ’Ste benedete monèghe quando cominciano a parlare non la finiscono più…”. Mi disse però che delle apparizioni non aveva parlato e che lui le chiese solo qualcosa sulla famosa “danza del sole”».
Fu don Mario Senigaglia a proporre a Luciani di scrivere un articolo sull’incontro, che venne pubblicato il 23 luglio dal settimanale diocesano Gente Veneta. «E lì scrisse quello che mi aveva accennato e tutto quello che, a riguardo, aveva in animo di dire. Scrisse, non senza il suo fine e abituale humour, del carattere gioviale, del parlare spedito della piccola suora, che con tanta energia e convinzione insisteva sulla necessità di avere oggi suore, preti e cristiani dalla testa ferma, e dell’interesse appassionato che rivelava, parlando, per tutto ciò che riguardava la Chiesa con i suoi problemi acuti. Scrisse poi che le rivelazioni, anche approvate non sono articoli di fede, che in merito si può pensare quello che si vuole senza far torto alla propria fede, e concluse con quello che sempre ripeteva riguardo al significato di questi luoghi mariani, e cioè: che “apparizioni, non apparizioni, messaggi, non messaggi, i santuari sono lì solo per ricordarci l’insegnamento del Vangelo, che è quello di pregare.»

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